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Cosa sono i rifiuti speciali? Qual è la loro particolarità? La premessa è che i rifiuti speciali, a differenza di quelli urbani (ne sono un classico esempio i bidoni di casa che vengono raccolti per le strade o nelle aree pubbliche e quelli vegetali provenienti dalle aree verdi), necessitano interventi di smaltimento particolari e appositi, e il più delle volte non derivano direttamente dai privati cittadini ma sono di origine per lo più industriale.

In generale i rifiuti speciali sono così suddivisi in:

  • Rifiuti derivanti da lavorazione industriale
  • Rifiuti di attività commerciali
  • Rifiuti derivanti da attività di recupero e smaltimento rifiuti
  • Fanghi che derivano dal trattamento delle acque e depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi
  • Rifiuti derivanti da attività sanitarie
  • Macchinari e apparecchiature vecchi o rovinati
  • Veicoli a motore e rimorchi ormai inutilizzabil

Secondo il Rapporto sui Rifiuti Speciali redatto dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, in Italia la produzione dei rifiuti speciali è in aumento. È inoltre importante sottolineare che il 40,6% dei rifiuti speciali deriva da attività edilizie, quindi si tratta nella maggior parte dei casi di calcinacci e scarti non particolarmente pericolosi, che possono facilmente essere inseriti in progetti di riciclo anche tramite percorsi di economia circolare.

Come si smaltiscono i rifiuti speciali

A differenza dei rifiuti urbani, che vengono raccolti e gestiti dalla pubblica amministrazione sulla base di una tassa apposita (la tassa sui rifiuti, TARI), lo smaltimento dei rifiuti speciali viene effettuato da un sistema di aziende private. La gestione dei rifiuti speciali avviene attraverso il recupero di materia, ovvero il riciclo. Altre modalità di gestione riguardano lo smaltimento in discarica, l’incenerimento, l’avvio al recupero di energia.

Rifiuti speciali pericolosi

Tra i rifiuti speciali ne esistono anche di pericolosi che necessitano di una gestione ad hoc. Il Ministero dell’Ambiente definisce i rifiuti speciali pericolosi quei rifiuti generati dalle attività produttive che contengono al loro interno un’elevata dose di sostanze inquinanti. Quelli che vengono chiamati rifiuti tossici o nocivi hanno bisogno di essere trattati per diventare il meno pericolosi possibile. La maggioranza dei rifiuti speciali pericolosi prodotta in Italia (quasi il 40%) deriva da attività industriali manifatturiere e attività di trattamento rifiuti e risanamento. Ma può trattarsi anche di scarti derivanti da:

  • Raffinazione del petrolio
  • Industria fotografica
  • Produzioni che utilizzano processi chimici
  • Solventi
  • Industria metallurgica
  • Produzione conciaria e tessile
  • Ricerca medica e veterinaria
  • Impianti di trattamento dei rifiuti
  • Olii esauriti/esausti

Normativa

A livello legislativo, il punto di riferimento è rappresentato dal decreto legislativo entrato in vigore nell’aprile del 2006 (D.Lgs. 152/2006), che distingue i rifiuti urbani dai rifiuti speciali a seconda della loro origine e stabilisce le regole per un corretto smaltimento, l’elenco dei rifiuti considerati pericolosi, le autorizzazioni per il trasporto e i doveri di chiunque produce dei rifiuti. In particolare su quest’ultimo punto, però, la normativa è stata aggiornata di recente con il Decreto Rifiuti n. 116/2020, necessario all’Italia per recepire due direttive emanate dall’Unione Europea all’interno del Pacchetto Economia Circolare: tra le novità, c’è l’adozione di nuove linee guida sulla classificazione dei rifiuti da parte del Sistema Nazionale Protezione Ambientale (SNPA) e l’introduzione di nuovi obblighi per i produttori relativi all’etichettatura degli imballaggi.